Il reinserimento lavorativo del disabile

In Italia ci sono 2 milioni e 600 mila disabili , che costituiscono una risorsa enorme del mondo del lavoro

Dott. Giovanni Fortuna Medico legaleLa promozione dell’ accesso al lavoro è condizione necessaria per l’ affermazione della propria identita’ e dignita’ umana ed è oggetto di tutela da parte di Organismi sovranazionali (Conferenza ONU 2009)  Nazionali ( Legge 68/1999) e Regionali.
Alla base vi è una strategia comune volta a garantire al disabile Accessibilita’ ai servizi, Partecipazione, Uguaglianza, Formazione, Occupazione, Protezione Sociale e Salute.
In Italia ci sono 2 milioni e 600 mila disabili, che costituiscono una risorsa enorme del mondo del lavoro; il loro inserimento produrrebbe molte esternalita’ positive cioè welfare dello sviluppo. Gli strumenti che il nostro ordinamento mette a disposizione sarebbero sufficienti, ma oggi risultano inefficaci, come dimostra la stabilita’ dei nuovi inserimenti lavorativi a fronte di un concreto aumento dei fabbisogni. Analizziamone le ragioni.
La legge 68/99 consente di accedere ad un collocamento mirato del disabile, verso cui le Commissioni medico legali ASL effettuano una diagnosi funzionale e delineano un preciso profilo socio- lavorativo, che vanno a costituire una Scheda personale a disposizione dei Centri per l’ Impiego. Questi, a loro volta, stipulano apposite convenzioni con le aziende del territorio facilitando il processo di inserimento lavorativo.
E’ un meccanismo virtuoso fondato sulle incentivazioni alle aziende (e non su un sorpassato meccanismo impositivo) che consentirebbe un accesso facilitato al mondo del lavoro, che tuttavia sta perdendo di efficacia forse anche a causa della congiuntura economica negativa o per la mancanza di coordinamento di tutte le forze in campo.
Si rendono necessari nuovi modelli di impresa che partano proattivamente dalle Associazioni che tutelano i disabili e tra queste non posso non citare l’ ANMIL per storia, cultura e impronta etico sociale.
Lo strumento è costituito dalle Cooperative Sociali tipo B, che permettono il decentramento delle politiche del welfare, favoriscono l’ autoinclusione nel mercato del lavoro e risultano in linea con le richieste di mercato nei Servizi di Outsourcing e Subappalto.
Analisi condotte su questo modello hanno dimostrato tra i principali punti di debolezza proprio la difficolta’ a coinvolgere i disabili, la difficolta’ di capire la sua dinamica transattiva (di passaggio verso modelli lavorativi diversi), la eccessiva concentrazione nei cosiddetti mercati “A ribasso” (servizi di pulizie, giardinaggio…), la scarsa capacita’ a rapportarsi con altri soggetti del territorio: tutti elementi che ne impediscono la crescita.
Non dimentichiamo pero’ che la Mission orientata all’inserimento, la sostenibilita’, la crescita organizzata, la differenziazione delle risorse e la reputazione costituiscono incredibili punti di forza in mano a chi voglia utilizzare questo strumento.

Dottor Giovanni Fortuna
Medico Legale e del Lavoro